Il CAN, con l’obiettivo di approfondire temi di attualità, ha creato una nuova iniziativa: “Parliamone con…”, che prevede l’intervento di un esperto esterno al Club che colloquierà con un moderatore sul tema dell’incontro.
Il 18 maggio si è svolto, a distanza di circa tre mesi dall’apertura delle ostilità da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, il secondo evento su questo tema, dal titolo “Ucraina: pace possibile?
Parliamone con… il dott. Paolo Quercia” in cui egli ha risposto ad alcune domande volte a fornire un quadro completo e obiettivo dello stato attuale del conflitto e delle sue implicazioni future, inclusa la possibilità di una via percorribile per la pace; le tematiche proposte sono state affrontate con un approccio olistico e imparziale.
In apertura è stato doveroso fare chiarezza su alcuni temi di comune discussione, che spesso vengono affrontati con superficialità. Tra questi, ad esempio, la differenza tra l’invasione russa in Ucraina e l’azione della NATO in Kosovo, quest’ultima autorizzata da una risoluzione dell’ONU, in accordo con le forze del paese attaccato, e non un atto di deliberata violenza. Allo stesso modo, è stato chiarito il ruolo dell’Italia e di tutte le nazioni che stanno aiutando l’Ucraina nella sua resistenza, che non si qualificano come “co-belligeranti” in quanto semplicemente le forniscono i mezzi per contrastare l’offensiva russa.
In effetti, ha evidenziato il relatore, “La guerra di questo tipo non c’era mai stata in Europa dal ’45 in poi, siamo ritornati indietro di 70-80 anni”. Non è così che l’Europa, sia intesa come termine di identificazione geografico che come organizzazione sovranazionale, risolve i propri conflitti, ed è importante che questa posizione venga mantenuta anche in questo contesto. Questo ha portato a paventare il ritorno ad un fragile equilibrio bipolare analogo a quello della Guerra Fredda, pur mancando le premesse di predominio politico, economico e militare della Russia e la presenza di un vero e proprio confine fisico che possa segnare il limite di questa bipolarità.
Ci troviamo ad oggi in un mondo multipolare, in cui potenze del calibro della Cina e della stessa Europa, oltre alle potenze emergenti, svolgono un ruolo tale da rendere irripetibili le condizioni di divisione in due blocchi distinti come nel periodo successivo alle guerre mondiali. La concentrazione di potere del blocco sovietico e degli Stati Uniti, che è valso loro il titolo di superpotenze, non è un fenomeno ripetibile.
La narrativa politica della Russia, per invogliare la Cina alla collaborazione e all’appoggio economico che sarà necessario per far fronte alle sanzioni, è quella di fornire alla potenza asiatica un primo fronte su cui l’esercito americano dovrà impegnarsi, rendendo impossibile un eventuale intervento incisivo qualora le mire cinesi di assorbimento di Taiwan dovessero tradursi in azione militare. È questo, in sostanza, lo svantaggio del multipolarismo. È proprio la potenza unitaria degli Stati Uniti ad evitare lo scoppio di centinaia di piccoli conflitti incontrollabili, che porterebbero al totale collasso della globalizzazione.
Il fulcro della conversazione è stata l’analisi del relatore dell’andamento del conflitto e della possibilità di una sua prossima risoluzione. L’interpretazione dell’apparente insuccesso militare russo ha fornito importanti spunti di riflessione. Come è possibile che l’Ucraina abbia resistito e stia tutt’ora resistendo all’offensiva?
Il merito va innanzitutto allo stato non ottimale dell’esercito russo. Impedimenti logistici, fatiscenza dei mezzi e cattiva organizzazione, corruzione, scarsa preparazione e probabilmente anche l’aver sottovalutato le capacità delle forze ucraine sono tutti fattori che hanno fatto fallire il tentativo di guerra-lampo ideato da Mosca, con l’obiettivo di penetrare rapidamente nel territorio ucraino e forzare la resa. In seguito all’insuccesso di questa strategia, stiamo assistendo ad una guerra di “annichilimento”, una distruzione quasi indiscriminata volta a raggiungere un traguardo secondario, ovvero il fallimento dell’Ucraina come nazione. Mettendone in fuga la popolazione, distruggendo importanti obiettivi sia militari che civili, e privandola delle regioni che contribuivano in maniera importante al PIL nazionale, l’Ucraina ed il suo popolo vengono ora considerati come “materiale etnografico”, una risorsa in termini di vite umane che potranno eventualmente diventare disponibili per la Russia. Prima però, come è stato riportato dai media russi, la popolazione andrà rieducata secondo la loro dottrina.
Siamo testimoni della volontà di annullamento di un popolo e della sua identità nazionale, di quello stesso sentimento di autodeterminazione che i Russi definiscono “nazista”, forse per pretesto, forse perché troppo prossimo alle ideologie occidentali di democrazia e libertà, che sta dando alle milizie ucraine la forza di difendere le proprie case e le proprie città, arrivando a scacciare le forze russe dalle posizioni conquistate in un primo assalto.
Il possibile obiettivo a lungo termine di questo conflitto potrebbe essere quello di “tagliare i ponti” con l’Europa e di realizzare una nuova Russia non più europea ma asiatica, accompagnati dal sostegno della Cina, che in questo conflitto si sta facendo garante degli interessi economici russi bersagliati da sanzioni in tutti i settori, incluso quello energetico, non solo da parte dell’UE.
Quale dunque, il ruolo dell’Unione Europea nel conflitto? L’UE ha visto fallire il suo tentativo di mediazione per mano del presidente francese Macron con la Russia, in occasione del quale Putin ha espresso la volontà di trattare la propria posizione con gli Stati Uniti come rappresentanti della NATO, che secondo le sue condizioni dovrebbe cessare la sua “politica espansionista” e riportare l’estensione del Patto Atlantico a quella che era ad inizio anni ’90.
Una pretesa al di là dell’accettabile.
L’UE non ha la capacità militare che può offrire la NATO e si è sempre caratterizzata per un “neutralismo mercantilista”, atteggiamento che la rende sostanzialmente un bersaglio poco conveniente sul piano economico piuttosto che su quello militare.
Per contribuire al raggiungimento della pace, sono stati individuati dal relatore degli elementi chiave della strategia europea. La fornitura di armi all’Ucraina a scopo difensivo, per non risultare nel proseguimento indeterminato del conflitto, deve essere accompagnata dalle sanzioni così da minare la capacità stessa della Russia di sostenere a lungo il proprio sforzo bellico, dovendo già fronteggiare un costo esorbitante in termini sia economici che di vite umane, di molto superiore in pochi mesi a quello sostenuto durante il proprio impegno in Afghanistan.
Non meno importante, l’UE può utilizzare il proprio ruolo di polo economico per dialogare con la Cina allo scopo di scardinare l’intesa con la Russia, così da lasciarla da sola e senza un cuscinetto che possa attutire l’impatto economico delle sanzioni ricevute.
In conclusione, anche il compromesso dovrà essere considerato nella ricerca della pace, che “potrebbe realizzarsi con la annessione di una area tra il 20% e l’8% del territorio ucraino, ovvero tra la massima avanzata delle forze russe e il limite minimo verso cui le milizie ucraine saranno in grado di respingerle”, e, secondo i migliori auspici del relatore, si potrà intravedere la risoluzione o almeno la sospensione del conflitto entro fine anno.
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Dott. Federico Cascella